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Tarantule, antidoti e follie
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Progetti
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Tarantule,
antidoti
e follie
Lo spettacolo: dalle fonti al palcoscenico
Lo spettacolo Tarantule, antidoti e follie si articola in un intreccio di musiche strumentali, vocali, testi recitati e danze rappresentativi delle narrazioni che nella storia si sono date del fenomeno del tarantismo: dagli scritti del gesuita Athanasius Kircher, studioso dei fenomeni più disparati, considerato genio assoluto nella sua epoca per l’ampiezza delle conoscenze, che riporta per primo in notazione le musiche raccolte dai suoi confratelli negli angoli più remoti delle missioni gesuitiche, ai racconti dei testimoni coevi nella Spagna del XVI e XVII secolo, ai resoconti di viaggiatori stranieri nel sud Italia e nel Salento, fino alle ricerche etno-antropologiche del XX secolo di Ernesto De Martino e ai versi del poeta Salvatore Quasimodo.
Il programma musicale
La caratteristica delle musiche utili ai rituali per la guarigione dei tarantati è basata sulla reiterazione della stessa frase, dello stesso basso, dello stesso motivo, della stessa armonia, dello stesso ritmo al fine di ottenere, con una antitetica ossessiva ripetizione, come antidoto, un effetto liberatorio contrario a quello scatenato dal morso della taranta.
A tal fine servivano musiche come quelle riportate dal Kircher Antidotum Tarantulae, Stu pettu è fattu cimbalu d’Amuri, Tarantella in tono hypodorico, Primus secundus et tertius modus tarantellae, Tarantella tonum phrygium. Alle relazioni tra fenomeni analoghi nel sud Italia e nel sud della Spagna sono dedicate, nel programma Tarantule, antidoti e follie, le Tarantelas para guitarra e diverse versioni dello Spagnoletto, tra cui quella del salentino Gerolamo Melcarne detto “il Montesardo“, inventore dell’intavolatura di Lettere dell’Alfabeto per la chitarra, sistema di accompagnamento che egli stesso realizza in quanto valente suonatore dello strumento, che già nel 1606 aveva codificato il sistema nella sua opera Nuova Invenzione d’Intavolatura.
Il programma prevede ancora espressioni più popolari e genuinamente tradizionali quali Lamento di tarantata, Pizzica tarantata, La Sanvitese.
A questo repertorio si aggiungono melodie in griko, antico retaggio di migrazioni secolari dall’oriente e dal sud ellenofono, che cantano in una lingua dell’altrove ferite d’amore, forse vera radice di ogni malessere attribuito al morso dell’aracnide.
Alle origini
La letteratura che descrive i fenomeni legati al tarantismo li indaga in quanto manifestazioni di una delle tradizioni popolari più affascinanti dell’Europa del sud. Variamente narrato nel corso dei secoli da ecclesiastici e filosofi, medici e scienziati, viaggiatori e antropologi il fenomeno del tarantismo assume agli occhi di quanti lo hanno osservato e testimoniato il carattere di verità dimostrata, stregoneria, possessione, malessere psicofisico, guardato ogni volta con convinta partecipazione o sospetto e sufficienza, ironia o intento dissacratorio e demolitivo.
Le prime documentazioni letterarie che parlano della musica utilizzata come terapia del tarantismo risalgono al medioevo, mentre le prime documentazioni propriamente musicali si hanno tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento.
È comunque nel Seicento che la tarantella comincia a percorrere due strade diverse. A Napoli viene stilizzata, codificata ed utilizzata come danza di intrattenimento o come esercizio tecnico e d’improvvisazione; nei territori più lontani del Regno, dove non avviene questo tipo di contaminazione “colta”, la danza conserva forma e funzioni delle sue origini. Prendendo spunto da questa eredità l’Ensemble Terra d’Otranto ha realizzato una “ripulitura” dell’ultima forma di terapia musicale pervenutaci, la “pizzica”, e un lavoro di ricerca, codifica ed esecuzione delle tarantelle antiche.
Gli interpreti
Angelo De Leonardis canto, recitazione e regia
Nadia Esposito danza, canto, voce narrante, castañuelas
Doriano Longo violino barocco e direzione
Pierluigi Ostuni tiorba
Giuseppe Petrella chitarra spagnola
Roberto Chiga tamburi a cornice